INVENTARIO

 

Inventario è il titolo scelto da Marco Lanza e Marina Arienzale per il lavoro svolto nei giorni immediatamente successivi all’alluvione che ha colpito la Toscana nel novembre del 2023.
Il termine, dal latino inventarium, indica “la rilevazione, l’enumerazione e la descrizione, capo per capo, di oggetti, documenti e beni esistenti in un momento determinato in un dato luogo” e questo è proprio quello che i fotografi hanno fatto. Girovagando per le strade e dialogando con le persone, gli artisti hanno raccontato l’alluvione attraverso gli oggetti accumulati sui marciapiedi fotografandoli all’interno di un set fotografico itinerante allestito nel bagagliaio di una Jeep. 

È nella scelta di fotografare gli oggetti, e non l’evento in sé, che si trova il punto di incontro tra l’interesse di Lanza per il potenziale estetico degli scarti e dei resti e la riflessione di Arienzale sullo spazio pubblico. La Jeep diventa così l’espediente per realizzare delle immagini in cui gli oggetti distrutti dall’acqua e dal fango, per quanto astratti dalla realtà circostante perché fotografati in uno spazio neutro, non vengono sradicati dal luogo di appartenenza: uno stratagemma che permette di trasformare l’atto del fotografare nella solitudine dello studio in un dialogo costante con il territorio e i suoi abitanti. 

Oggetti di vita quotidiana trasformati in immagini in grado di testimoniare le drammatiche conseguenze del riscaldamento globale. La presenza del fango sugli oggetti, infatti, li rende metafora della catastrofe e spinge l’osservatore ad andare oltre alla riflessione morandiana sul valore plastico ed estetico delle forme a favore di una riflessione più complessa sulla fragilità dell’esistenza umana e sull’inesorabile e sempre più accelerata cancellazione del mondo. 

Inventario is the title chosen by Marco Lanza and Marina Arienzale for their work in the days immediately following the flood that hit Tuscany in November 2023.
The term, from the Latin inventarium, indicates ‘the survey, enumeration and description, item by item, of objects, documents and goods existing at a given time in a given place’ and this is exactly what the photographers did. Wandering the streets and talking to people, the artists told the story of the flood through the objects accumulated on the pavements by photographing them in a travelling photo set in the boot of a Jeep.

It is in the choice of photographing the objects, and not the event itself, that we find the meeting point between Lanza’s interest in the aesthetic potential of waste and remains and Arienzale’s reflection on public space. The Jeep thus becomes an expedient for creating images in which the objects destroyed by water and mud, although abstracted from the surrounding reality because they are photographed in a neutral space, are not uprooted from the place they belong to: a stratagem that makes it possible to transform the act of photographing in the solitude of the studio into a constant dialogue with the territory and its inhabitants. 

Everyday objects transformed into images that bear witness to the dramatic consequences of global warming.. The presence of mud on the objects, in fact, makes them a metaphor for the catastrophe and prompts the observer to go beyond Morandi’s reflection on the plastic and aesthetic value of forms in favour of a more complex reflection on the fragility of human existence and the inexorable and increasingly accelerated erasure of the world.

 

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